SAPPIAMO COSA MANGIAMO?: Troppe le informazioni fuorvianti sui cibi che assumiamo

By Primo Vercilli,

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Credo che la domanda sia d’obbligo, ma ahimè ho paura che la risposta sia alquanto scontata. Mentre pensiamo che basti navigare in qua e in là in internet per farci una sana cultura nutrizionale e gastronomica, la verità è che siamo fondamentalmente vittime della comunicazione e del marketing e non abbiamo assolutamente idea di quello che stiamo mangiando.

Se sentiamo dire che l’olio di palma fa male, troviamo in internet 2 o 3 articoli che ne parlano e poi cominciamo a demonizzare l’olio di palma, magari senza farci grossi problemi se invece consumiamo un po’ di maionese o una salsiccia. Se sentiamo dire che c’è un prodotto con “zero” grassi pensiamo già di essere più magri, senza magari andare a vedere in etichetta che le cose stanno un po’ diversamente. Il problema della conoscenza corretta di ciò che mangiamo è comunque un problema che ha centinaia di sfaccettature e, proprio per questo, di difficile soluzione. Intanto si sta avvicinando una data molto importante: dal 13 dicembre 2016 diventerà obbligatorio inserire sulla confezione di ogni alimento una tabella nutrizionale standard, che specifica non solo il contenuto energetico, ma anche il contenuto di altri nutrienti, quali grassi totali, grassi saturi, carboidrati, zuccheri, proteine e sale. Ma basterà tutto questo? Anche qui, purtroppo, la risposta è scontata. Non basterà assolutamente per 4 motivi principali:

1) anche se la gente vede in etichetta queste informazioni, si ferma il più delle volte sulle calorie, ma difficilmente si interroga su sodio e grassi saturi e in più non riesce a inserire quelle informazioni in un più ampio contesto: cioè, anche se io so che i miei biscotti hanno 1 grammo di sodio, cosa posso sapere di quanto sodio c’è nel pane che ho comprato dal fornaio o se il potassio che assumo con la verdura è sufficiente per contrastare l’effetto del sodio? Quando avrò la certezza di aver superato la soglia dell’apporto di sodio piuttosto che dell’apporto di grassi saturi?

2) Nonostante l’etichetta, per noi sono più importanti i cosiddetti “claims”. Biscotti che combattono il tal disturbo, yogurt che fanno questo, acque che fanno quest’altro, chewing-gum miracolosi: i prodotti alimentari promettono sempre di tutto e di più: purtroppo queste promesse salutistiche sono sempre più gonfiate. Proprio per questo motivo l’Unione Europea ha emanato dieci anni fa un regolamento per i “claims”, che possono essere utilizzati solo se corretti e non ingannevoli. Ebbene l’EFSA (organo di controllo per la sicurezza alimentare), in questi ultimi anni ha bocciato il 94% dei “claims” che le Aziende Produttrici hanno proposto! Il problema è che spesso i “claims” vengono ugualmente utilizzati sulle confezioni dei prodotti: a quel punto, anche se un domani ci dovesse essere una denuncia al Garante per la concorrenza e il mercato o ci dovesse essere un’azione dei NAS o dei Nuclei Antifrodi o altri organismi, intanto il prodotto è stato già per mesi ampiamente pubblicizzato con “claims” ingannevoli e, anche quando l’Azienda fosse costretta a modificare le diciture, ormai il gioco è fatto: la nostra percezione di quel prodotto è legata a quel claim ingannevole anche se non c’è più in etichetta.

3) Le etichette studiate ad hoc che non dicono nulla, ma che vogliono far credere che si tratti di un prodotto migliore: tipico è l’esempio di una dicitura come “olio extravergine di prima spremitura” o “spremuto a freddo”, che identificano oli in niente differenti rispetto ad un normale olio extravergine di oliva. Oppure il dado “senza glutammato aggiunto”, che, di per sé non vuol dire nulla, in quanto, anche se il glutammato non è stato aggiunto è comunque contenuto in grosse quantità in quanto è fatto con ingredienti (tipo l’estratto di lievito) che lo contengono.

4) Poi ci sono poi gli opinion leader: basta una trasmissione televisiva, un articolo ad hoc sui giornali, un intervento in un’associazione benefica e il gioco è fatto. Attenzione: ormai gli opinion leader in campo nutrizionale non sono solo i cosiddetti esperti (?) in nutrizione, ma sono anche blogger, chef di grido, semplici giornalisti. Tutti possono essere esperti e tutti dicono la loro. Pensate semplicemente all’impatto mediatico che ormai hanno certi chef: non dimenticherò mai un breve colloquio con un famosissimo chef che mi rimproverava perché avevo creato una ricetta (qualche volta mi diverto in cucina) facendo un petto di quaglia farcito, condito con una riduzione di birra. Ebbene, questo famosissimo chef, dall’alto del suo sapere, mi disse che non andava bene perché la quaglia è una carne bianca e con la birra non ci sta bene. Ora, che una mia ricetta non piaccia ad un famoso chef ci sta, anzi, ci deve stare (anche se il pollo, che è una carne bianca, viene spesso abbinato alla birra); ma che uno chef mi rimproveri perché la quaglia è carne bianca, non sapendo che invece è rossa, questo è molto grave!

5) ci sono infine le istituzioni da una parte e le industrie dall’altra: ognuno che fa una parte, ma nessuno di noi capisce che parte stanno facendo. Prendo un settore, ma potrei fare esempi in tutti i campi: AIDEPI è l’Associazione delle Industri del Dolce e della Pasta Italiane. Curano un sito: merendineitaliane.it: se mi promettete di non farvi persuadere, vi consiglio di andarlo a vedere. È fatto, a mio avviso, molto bene ed è convincente: attraverso delle banali verità quasi quasi vi inducono ad utilizzare le merendine. Intendiamoci, io non sono un demonizzatore delle merendine (anzi, a volte, sono anche opportune nella nutrizione di un adolescente), ma non sopporto le manovre di marketing che servono esclusivamente ad inculcare nella mente delle persone la convinzione che un prodotto sia innocuo. La manovra è chiara: l’obiettivo di un’azienda è rendere un prodotto familiare e tranquillizzante e per ottenere questo obiettivo è chiaro che metterà in atto qualsiasi forma di comunicazione lecita, al fine di convincerci a consumare quel prodotto. Dall’altra parte della barricata ci sono le istituzioni.

L’amara conclusione è che in Italia tutti parlano di sicurezza alimentare e di dieta mediterranea, ma poi i cittadini sono lasciati all’improvvisazione. Il Ministero si limita a proporre nelle scuole il programma “Frutta nelle scuole” che si rileva spesso essere un enorme spreco di fondi europei e di cibo essendo slegato dalla realtà quotidiana.

E allora, siamo veramente certi di sapere quello che mangiamo? Ormai credo che sulla risposta siamo tutti convinti. Cominciamo con il leggere con estrema attenzione le etichette, stando più attenti al contenuto di sodio, grassi saturi e zuccheri; cominciamo a non fidarci di tutti quelli che si riempiono la bocca parlando di nutrizione (magari lasciamoli parlare di gastronomia, che però è un’altra cosa!), cominciamo con il mangiare tutto variando il più possibile e cominciamo a giudicare chi sono veramente gli esperti in nutrizione: evitiamo quelli con conflitti di interessi, quelli che appaiono troppo, ma al tempo stesso scegliamo chi la nutrizione l’ha veramente studiata e non l’ha letta su internet.

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